2000 – IL LAGO E …

Elisabetta Viarengo  Il lago e ... Miniotti Arteclub

Il Lago e ……

Elisabetta Viarengo Miniotti

Arte Club galleria d’arte moderna

Via della Rocca 39 – Torino

Testo di Bruno Quaranta

E’ un paesaggio mitico, l’angolo di Elisabetta Viarengo Miniotti. Un’oasi fiabesca, dove gnomi, folletti, elfi in arrivo dal mondo di yeats vivrebbero, d’incanto, e il caso di dirlo, altre vite, indovinerebbero altri girotondi intorno a se stessi, alle cose, agli “elementi”. Custode ostinata e garbata e inquieta, di un’inquietudine filiata da una sensibilita’ estrema, al diapason, medianica; ecco chi e, come si manifesta, come esige di essere accostata questa signora “‘equorea”, mille volte immersa, mille volte riemersa, obbedientissima a una curiositá inesauribile e nitida e impavida.

E il lago lo scenario che Elisabetta Viarengo Miniotti scruta, ritrae, reinventa, fruga. Lago alpino, estraneo ad ogni tinta. Crepuscolare, a ogni intimistica passeggiata, al fruscio, al passo fragile, al fazzolettino di batista. Di olio in olio ( e di acquarello in acquarello ) lievita la sfida, il vis-a-vis con la natura, ne’ benigna ne’ matrigna, semplicemente, drammaticamente ‘ ” a se ” realta’ e meta realta’ eterna, dove nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, nei secoli dei secoli, dove tutto giace e tutto risorge. Le metamorfosi, ecco. Elisabetta Viarengo Miniotti e’ la testimone poetica delle stagioni che vanno e vengono, mai uguali, scapigliate, bizzarre e bizzose, come le nuvole di De Andre’. Le e’ toccato in sorte ( sorte non vasta) di essere ammessa allo spettacolo degli spettacoli, di assistere alla macerazione e al rigoglio, al tramonto e all’ aurora, alla crudezza e alla quiete, all’ora funesta e all’abbraccio splendido. Ha saputo (sa) riconoscere gli estremi scampoli di paradiso terrestre che pure sopravvivono, idilliaci solo per chi brancola negli scipiti copioni quotidiani, nei miserrimi, ciechi gironi generati dalla disumana insipienza. Chi osservo “guardando” Willem De Kooning: ” L’astratto in pittura e l’elemento puramente estetico che si aggiunge a tutto il resto: un resto fatto in concreto delle cose prese nella vita. Voler risolvere questo elemento astratto farne l’unica preoccupazione della pittura, vuol dire abbandonare la pittura per “finire nella torre dei filosofi” ? Cosi’ Elisabetta Viarengo Miniotti: non e’ l’avorio la sua trincea, sono i grigi, i verdi, gli azzurri materici i colori che raduna per avocare le “cose” . le acque e i tronchi. le prode e i rami. le pietre e i sentieri e i nidi d’uccelli. Cose antropomorfizzate, figure dissolte nella humus, decomposte, trasfigurate, compenetrate nella Terra. Perchè come sapeva Rilche- “il nostro compito e’ quello di compenetrarci cosi’ profondamente, dolorosamente e appassionatamente con questa Terra. Noi siamo le api dell’invisibile. Noi raccogliamo incessantemente il miele del visibile per accumularlo nel grande alveare d’oro dell’invisibile”. Tra visibile e Invisibile scivola, si aggira, signoreggia Elisabetta Viarengo Miniotti, mutando in “corpo della pittura” (non e sfuggito al suo maestro ,Giacomo Soffiantino) i “resti”del creato , le estreme radici ,le incorrotte pepite, le piagate cortecce. Una rabdomante – ecco chi e’-, un’ape che nei “catini” montani si specchia, offrendo loro la sua maschera folgorata e folgorante, aspirandone l’aura ora esoterica, ora terrificamente pura, ora di la’ del qui e ora, modellata in chissa’ auale universo. Una frontiera estatica e insieme pulsante. Dove l’amore per la vita e la disperazione per la vita, il raggio e la tenebra. Sono energie immense, ciclopiche, titaniche. Elisabetta Viarengo Miniotti non esita ad attraversarle, a identificarle, a farle brillare. Con lei e lieve scendere nel gorgo.

Fondale
Fondale – Olio su tavola – cm. 74 x 150 – 2000
Colloquio Naturalistico Bottino
“Colloquio naturalistico di intensa emozione” di Vittorio Bottino, da Corriere dell’Arte, maggio 2000